
Nato nel 1781 nella Cornovaglia, Inghilterra, Martyn aveva pensato di studiare Legge, ma, mentre si trovava nella prestigiosa Cambridge, il Pastore Charles Simeon stimolava l’interesse di Martyn verso le missioni con le storie di William Carey e della sua opera in India. Carey, il calzolaio, era andato in India nel 1792 ed in dieci anni aveva fondato una grande opera di testimonianza evangelica nella regione del Bengala. Martyn era altresì entusiasmato dalla lettura dei diari di David Brainerd, il missionario che svolgeva una notevole attività evangelistica, fatta con grande passione, tra gli Indiani d’America. Poco tempo dopo Henry decise di lasciare l’Inghilterra, come se tutti i suoi amici e la famiglia non esistessero più, come se fossero morti. La passione per le anime perdute aveva ormai infiammato il suo cuore. Martyn scriverà: “Attraversavo momenti di sconforto. Il pensiero di lasciare i miei affetti, le persone che amavo e che mi avevano accompagnato per tutta la vita, generava in me una sorta di tristezza mista a serenità. Sapevo che si trattava della volontà di Dio e anche se gli oceani mi avrebbero diviso da tutti , il Signore si sarebbe preso cura di ogni cosa. La preghiera è stata un grande conforto per tutti, insieme ci raccoglievamo presso il trono della grazia divina ed il Signore consolava il nostro cuore e ci faceva sentire più uniti”. Una volta in India, Martyn trascorsi i primi cinque mesi a Serampore.

Henry Martyn svolse il suo ministerio in India dal 1800 al 1810, prima a Dinapore e poi a Cawnpore. Durante quel periodo tradusse il Nuovo Testamento nella lingua Indù. Facendosi personalmente carico di tutte le spese, fondò numerose scuole per la popolazione locale. Predicava l’Evangelo instancabilmente e spesso subiva violenze fisiche a causa del suo fervore evangelistico. Martyn tradusse il Nuovo Testamento e i Salmi in persiano perché era la lingua usata nei tribunali musulmani in India. Da Calcutta a Damasco, sembrava che un quarto del globo comprendesse quella lingua e il Nuovo Testamento tradotto da Martyn fu il primo che raggiunse quell’immensa popolazione.
Lavorando senza sosta nella missione, la cagionevole salute di Martyn ne risentì subito. Sofferente di tubercolosi che aveva già portato alla morte i suoi genitori e sua sorella, i dottori gli consigliarono immediatamente un lungo viaggio in mare per potersi riprendere dalla malattia. Decise, allora, nel gennaio 1811 di partire per la Persia (il moderno Iran). Attraversare l’Oceano Indiano portò qualche giovamento per la sua salute fisica ma questo beneficio durò poco a motivo del caldo intenso che lo accompagnò durante il viaggio verso la città di Shiraz, un centro culturale situato a 1600 metri di altitudine e a 935 Km di distanza dall’attuale Teheran.

Unico credente in quel posto, le lettere e diari di Martyn fanno trasparire le battaglie spirituali e le vittoria della fede in Dio, unico sostegno. Dai suoi appunti leggiamo: “Getto ogni mio peso sul Signore, Colui che ha già compiuto meraviglie per me e sono certo che, avvenga ciò che avvenga, sarà per il mio bene, sarà il meglio per me. Qual gran privilegio poter riposare come piccoli fanciulli tra le braccia del nostro Padre celeste! Ho scoperto che la mia sapienza è follia, e le mie preoccupazione inutili, perciò voglio vivere un giorno dopo l’altro confidando in Lui, felice di sapere che Dio mi ama e che ha cura di me”.
Spesso colpito da febbri altissime, Martyn fu costretto a tornare in Inghilterra. Viaggiando via terra fino a Costantinopoli fu sopraffatto dalla sua malattia. Morì nell’Anatolia centrale, in Turchia, e fu seppellito da sconosciuti nella città di Tocat il 16 ottobre 1812. Si era “consumato” per il Signore, ora sentiva le parole del Maestro che gli diceva: «… Va bene, buono e fedele servitore; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore» (Matteo 25:21).